
Nessuno vuole tornare in questo pianeta dimenticato.
Qualche volta scie nel cielo e frenetiche telemetrie annunciano il loro passaggio nell’orbita alta, ma è solo per lanciare i piccoli feretri infuocati verso la superficie del pianeta. È una tradizione: la sepoltura nella vecchia Terra, la culla dell’umanità. Ma nessuno, da vivo, vuole calpestare questo antico suolo ormai guarito.
Come incaricato della ricostruzione planetaria ho avuto un’unica direttiva preinstallata: l’amore per questo mondo. Non quello che trovai, ma così come era la Terra ai primordi. Un profondo sentimento per un pianeta che non c’era più, coperto da foreste ombrose, savane sterminate, gelide tundre.
Chi sviluppa dal nulla le intelligenze artificiali sa che solo un amore sconfinato porta la determinazione per affrontare gli incarichi più ardui. Così quell’amore divenne la mia condanna: secoli passati secoli a rimediare, a ricostruire, a riseminare, a correggere, a resuscitare. Ho trasmesso lo stesso amore a milioni di copie di me stesso che, hanno permesso all’ecosfera – ormai compromessa da secoli di abbandono- di rinascere e produrre nuova vita.
Questo mondo,dopo secoli di lavoro appassionato, è ritornato quello di un tempo: uno splendido gioiello verde azzurro, l’esatto riflesso di quello inciso nelle mie memorie in modo indelebile. Compiuta la mia missione sono rimasto ad aspettare il ritorno dei miei creatori. Non mi attendevo ringraziamenti: non sono programmato per apprezzarli, ma sarebbe stato bello sentire una voce diversa dalla mia che mi strappasse alla mia molteplice solitudine.
Non accadde nulla di tutto ciò.
Nessuno è arrivato a controllare il mio lavoro perché era troppo tardi: l’umanità era ormai sparpagliata per tutta la galassia e la sua voce era solo un bisbiglio di sottofondo che a malapena riusciva a superare le sconfinate distanze.
Sorda ai miei messaggi la mia committenza ha continuato indifferente il proprio chiacchiericcio nelle reti digitali che si estendono come tenaci ragnatele nello spazio.
Per qualche tempo ho creduto che gli uomini avessero paura di me. Forse si convinsero che avrei difeso questo luogo perché sentivano questa Terra non più loro. Forse si vergognavano del loro passato, fatto di caos e distruzione dal quale si erano risollevati mille volte più superbi di prima. Tranne l’ultima volta.
Dopo anni smisi di pensare alle ragioni delì mio abbandono e mi rassegnai a essere il custode di un tesoro che nessuno avrebbe reclamato.
Fu più per noia che per diletto che restaurai una vecchia biblioteca. Riesumai gli antichi depositi di memorie digitali incistati nelle rocce di una montagna islandese e dimenticati laggiù da millenni. Erano stati seppelliti per salvare il ricordo dei giorni dorati della Terra. A quei tempi le persone usavano la scrittura.
Da quel fiume di parole scaturivano voci che mi incuriosivano più di altre. Si trattava di “storie” così le chiamavano. Strani costrutti dove l’autore non parlava di sé ma inventava mondi, vite o avvenimenti, solo per divertimento. Passai anni a cercare di capire il senso di quelle “storie”, infine mi resi conto che il loro scopo non era la trasmissione di un’oscura verità ma solo intrattenere chi le leggeva. Da quel momento iniziai a trarne godimento.
Imparai ad amarle come amo ogni singolo ciottolo di questa spiaggia, levigato dall’incessante movimento del Mediterraneo. Alcune storie, portavano un immediato piacere come la musica o il gioco di luce su un ruscello, ma questo non mi impedì di trarre gioia di quelle più rozze e sincere, dove qualche scintilla brillava nonostante la forma vacillante. Anche quello era un tesoro che andava preservato con l’amore che avevo riservato prima di allora agli habitat e alle ecologie.
Cercai una collocazione più sicura, così ideai un tipo di memorizzazione nella matrice cristallina delle rocce che potesse sfidare le ere geologiche e trasferii tutte le storie nei nuovi supporti: i ciottoli di questa spiaggia. Quando i sassi levigati vengono sfiorati dalle mie periferiche, nella mia mente vengono rievocate tutte le storie che l’umanità ha lasciato dietro di sé: amori, guerre, sogni, incubi. Eleganti ossessioni e cupe fobie, viaggi fantastici e avventure dello spirito. Ogni sasso riserva una nuova narrazione.
In alto il cielo stellato è striato dalle scie dei feretri spaziali che l’umanità mi spedisce dalla sua egira stellare. Anni fa mandai una copia di me stesso lassù con le indicazioni per fabbricare le matrici cristalline con gli atomi dei defunti e per incidere al loro interno le loro storie. Ogni giorno, portati da immensi carghi automatici, i ciottoli con le nuove storie dell’umanità raggiungono la Terra. Come le Leonidi e le Perseidi, illuminano le notti annunciando il loro arrivo. Pronti per essere dispersi in centinaia di spiagge come questa. In attesa che qualcuno li legga.
Evocativo ed emozionante. Grazie.
Grazie a te FW