La prima parte si può leggere qui


«Benvenuta Emma Zeni, come sta? È un piacere vederla indossare questa stoffa così ben lavorata.» A Emma venne fuori solo un bisbiglio per l’emozione, ma riuscì a balbettare un saluto.
Insieme raggiunsero una sala illuminata dall’alto con una cascata di cristalli che faceva pensare alla cavità di un ghiacciaio. Era quasi del tutto vuota, a parte un tappeto persiano dall’aria costosa, due poltrone di pelle molto terrestri e un tavolino ovale. L’Ambasciatore si sedette e invitò Emma a fare altrettanto con un ampio gesto del lunghissimo braccio.

«Poggi pure il dono del cibo sul tavolino. Ci penserà il servitore a preparare la pietanza per la conversione sensoriale. Cosa mi ha portato?»

Emma si accomodò nella poltrona, si schiarì la voce e riuscì finalmente a parlare normalmente.

«È uno strudel, un dolce con le mele. Una tradizione delle mie parti. L’ho preparato con le mie mani come ha richiesto il suo… contatto.»

Un servitore scarlatto arrivò senza preavviso, si chinò sull’involto, lo scartò abilmente, aprì il contenitore termico e ne rovesciò senza tanti complimenti il contenuto in una nicchia ovale sul ripiano del tavolino.

Emma guardò il proprio capolavoro culinario rovinare informe e disfatto.  La nicchia si illuminò, ci fu uno sbuffo di vapore al vago profumo di mele e il dolce svanì. Una voce dal tono ironico annunciò dall’alto:

«Eccellenza [accordo armonioso] Mofarr-Koldano. La conversione del cibo umano ha avuto successo.»

L’alieno ammiccò divertito verso Emma:

«È NaveCasa o meglio una sua componente periferica che gestisce l’avamposto. Si è imposta di usare il linguaggio umano quando ci sono ospiti. Trova sempre molto divertente l’uso dei vostri titoli onorari.»

La nicchia sul tavolino si aprì e dal foro ovale emerse un normalissimo piattino per dolce con sopra una fetta del suo strudel perfettamente ricostruita. L’Ambasciatore si inchinò sul piattino per esaminarlo da vicino.

«Grazie NaveCasa» poi, rivolto a Emma: «È la conversione analogica sensoriale adatta al mio palato. Dovrebbe procurarmi le stesse sensazioni che riceve un essere umano e adattarsi alla chimica del mio sistema digestivo. Voi lo chiamate traduttore di cibo, anche se non è esattamente così.»

Emma guardò incantata la mano non umana prendere con delicatezza il dolce. L’apparato boccale, si aprì lungo l’asse verticale, le due valve si scostarono appena, mostrando le placche dentali più chiare e una linguetta violacea a due punte. L’Ambasciatore staccò un piccolo boccone e lo assaporò. Gli occhi diventarono quattro fessure sottili.

«Brava! Ottimo sapore. Mele giusto? E poi cannella, nocciole e uva passa. Ha usato il miele al posto dello zucchero. La pasta sfoglia è davvero… friabile e saporita. È così che si fa. Sento il tocco del suo DNA sulla pasta. Un dolce della sua infanzia? Percepisco tradizione, nostalgia di antichi modi di cottura e senso di appartenenza. Alto Adige, regione alpina dell’Italia, se non sbaglio.  Davvero un’eccellente scoperta. Le sono grato per questa esperienza. Gradisce qualcosa? So che apprezzate un cappuccino a quest’ora.»

Emma annuì, ancora sbalordita per l’affabilità e la familiarità dell’alieno, le sarebbe bastato socchiudere gli occhi per pensare di essere altrove, magari davanti a un gentiluomo raffinato e ospitale che si ostinava a indossare una buffa maschera. C’era scritto anche nei suoi appunti:

“L’Ambasciatore ti stupirà con le sue ottime maniere, è un ospite perfetto e un buon conversatore. Ama assaggiare i cibi terrestri. A volte con il suo sistema di conversione sensoriale analogica riesce a migliorare in modo sorprendente le nostre specialità.”

In effetti il cappuccino fu davvero un’esperienza straordinaria, superiore persino alle aspettative. Già dall’aspetto, il contenuto della spessa tazzina bianca sembrava la sapiente opera di uno dei migliori baristi della città sottostante: la schiuma era cremosa e amorevolmente variegata. Quello che però colpì Emma fu l’intensità dell’aroma: la fragranza del caffè era potente ma allo stesso tempo delicata, con un tocco appena di bruciato grazie alla sapiente tostatura. Anche l’aggiunta del latte fresco risultò notevole: non troppo dolce e scremato al punto giusto. Eppure c’era qualcos’altro. Una nota speziata come di ginseng, ma non così banale. Era qualcosa che faceva pensare a ghiande invecchiate al sole, a una radura in un bosco di conifere, a giovani cespugli di erbe aromatiche appena rinati dopo un incendio, ma con un tocco d’alloro e vaniglia. Eppure non era niente di tutto questo.

I quattro occhi dell’Ambasciatore sorrisero davanti all’espressione estasiata di Emma.

«Il segreto è un pizzico della noce-grappolo dell’albero Kiu proveniente del mio pianeta natale. Si sposa perfettamente con le vostre miscele migliori di caffè. Non c’è nemmeno bisogno della conversione analogica sensoriale perché è perfettamente compatibile con la vostra biologia. Modestia a parte l’aggiunta è una mia invenzione. Adoro la biochimica.»


Emma sentì subito l’arrivo dello stato euforico prodotto dall’alcaloide alieno. Per un attimo si sentì ben disposta nei confronti del mondo, dell’universo e in particolare di quel simpatico essere a quattro occhi che aveva di fronte. L’antagonista biochimico iniettato in albergo non tardò ad affacciarsi in quell’allegra sfilata di samba che imperversava nei suoi centri del piacere, mise un trattore di traverso e tutto svanì. L’alieno davanti a lei ridiventò un essere inquietante e indecifrabile. Emma ebbe un brivido di raccapriccio quando notò un fremito nel suo apparato boccale. Prevalse il suo addestramento: l’espressione non cambiò quando annuì complimentandosi col padrone di casa.

L’Ambasciatore sembrò esserne compiaciuto.

«Passiamo all’intervista. Come da accordi verrà registrata da NaveCasa, e verrà spedita all’indirizzo del suo giornale tramite la vostra… rete. Inizi pure, Emma.»

Lei sorrise, ormai l’obiettivo della sua missione era stato raggiunto: l’antagonista funzionava, il misterioso alcaloide che l’alieno addizionava ai suoi tanto decantati cappuccini era stato reso inefficace. Erano mesi che si cercava il modo di annullare gli effetti della polvere di Kiu che rendeva gli ospiti malleabili e ben propensi nei confronti dell’Ambasciatore, il suo segreto per fare minime concessioni durante le contrattazioni.

Bisogna spremere tutto il possibile da questi alieni, la loro tecnologia farà fare al nostro blocco un balzo avanti di decenni rispetto ai nostri avversari” aveva detto il serio funzionario dei servizi segreti quando l’aveva avvicinata. Ora che la sua missione era compiuta Emma poteva rilassarsi e iniziare con l’intervista più importante della sua carriera:

«Grazie Ambasciatore. Vorrei parlare prima di tutto del suo lunghissimo viaggio. Com’è stato attraversare lo spazio interstellare? Perché ha deciso di dedicare a questa missione un periodo così lungo della sua vita? Sente la lontananza dal suo mondo? Prova nostalgia?»

«Sono davvero parecchie domande… In realtà per me il viaggio è stato molto rapido: sono stato messo in animazione sospesa e mi sono risvegliato nell’avamposto provvisorio in Antartide. Il tempo per la mia specie è un problema secondario. Cinquant’anni sono una breve parentesi per noi individui Dirdindilith. Tanto più che ero in procinto di entrare in una fase che noi chiamiamo Periodo Amaranto.»

«Ne ho sentito parlare, una specie di tradizione, giusto? Sono affascinata dalla vostra straordinaria cultura.»

«Ecco, il Periodo Amaranto più che con la nostra cultura ha a che fare con la nostra biologia. Noi siamo legati a un ciclo che impiega circa una ventina dei vostri anni per compiersi e si conclude con una completa rigenerazione del nostro corpo. Durante questa fase la pelle si scurisce fino ad assumere una sfumatura amaranto. Al suo culmine compiamo una muta completa a livello cellulare e, se abbiamo immagazzinato i gameti di un partner, possiamo riprodurci. È grazie al ripetersi di questo ciclo che la nostra vita è molto lunga. Al culmine del Periodo Amaranto cambiamo: diventiamo scontrosi e solitari, evitiamo i nostri simili. Le usuali attività dei Dirdindilith ci vengono a noia, stiamo alla larga dai Giochi Elettivi, dalle Celebrazioni Aromatiche e dai Corteggiamenti Eleganti. Perciò, quand’è il momento, molti di noi decidono di allontanarsi da tutto. Ci dedichiamo allo studio, alle scoperte, ai viaggi. Un po’ come voi terrestri quando vi prendete il vostro anno… sabbatico. Si dice così giusto?»

«Sì, la parola è quella.»

«Quando mi sono accorto dell’incombere del mio Periodo Amaranto ho chiesto un incarico alla Gilda Commerciale. Una nuova sfida. Un ambizioso investimento. Fui incaricato di stabilire un centro di scambio in un nuovo sistema e mi fu affidata una prestigiosa NaveCasa. Così ora dovrò riempire le sue stive  per giustificare l’investimento. Se sarò abbastanza abile e fortunato il mio ritorno coinciderà con la fine del Periodo Amaranto e l’inizio del nuovo ciclo.»

Emma guardava incantata l’elegante gesticolare della mano aliena.

«In realtà sono stato felice di aver avuto questa opportunità al momento giusto. Amo questa impresa e adoro la vostra cultura. Mettiamola così: ho fatto in modo che il mio Periodo Amaranto coincidesse con delle piacevoli vacanze romane.»

Emma sorrise, l’affabile alieno, nonostante tutto era davvero un buon conversatore; se l’Ambasciatore avesse avuto un aspetto meno alieno sarebbe persino risultato affascinante. Per un attimo Emma si domandò se la molecola dell’antagonista alla droga Kiu fosse ancora attiva.

«Ecco, parliamo di Roma. Perché l’ha scelta come sede dell’avamposto commerciale? I media di tutto il mondo continuano a domandarselo. Perché non New York, Pechino, Delhi, Parigi, Rio?»

«A essere sinceri la scelta è legata a un episodio personale. Durante il soggiorno nella base provvisoria in Antartide ho avuto modo di avere dei colloqui con i rappresentanti di tutte le grandi nazioni del pianeta. Non è stato facile, talvolta è stato estenuante perché tutti gli interlocutori erano molto sospettosi. Sono stato sempre disponibile ma molto spesso sono stato subissato con domande sovente brutali, talvolta imbarazzanti come quelle sulla religione. Ho sempre risposto con sincerità, ma ogni colloquio è stato complicato. Tutti erano spaventati da me, ma allo stesso tempo volevano che creassi l’avamposto nel loro territorio. Questa vostra faccenda delle nazioni è davvero faticosa. Ero stanco e muovermi nella vostra gravità mi lasciava ansimante. Poi è arrivato il turno del vostro inviato, quell’astronauta simpatico.
“Come sta?” mi ha chiesto. Era la prima volta che un terrestre mi chiedeva qualcosa che non fosse la potenza di fuoco di NaveCasa o come funzionasse il suo propulsore. E poi: “Sembra affaticato. Ha bisogno di una pausa per rifocillarsi?”. È stato molto cortese da parte sua.»

«Tipico di noi italiani…» si ritrovò a commentare Emma. «Ci prendono sempre in giro perché parliamo continuamente del cibo.»

«In realtà è come se mi fossi trovato davanti una specie del Consorzio. Tra noi il rituale commerciale inizia sempre con un “Come Sta?” e con uno scambio di informazioni sul cibo o altri sistemi per recuperare l’energia che hanno le specie senzienti. La conversione analogica sensoriale – il cosiddetto traduttore di sapori – serve a questo. È un modo rapido per avvicinare le specie. Certo, a volte capita che sia l’interlocutore la fonte di cibo più ambita dell’altro…»

Emma impallidì. Gli occhi dell’alieno si strinsero.

«È una battuta che funziona sempre. Stia tranquilla non ho intenzione di trasformarla in cibo…» Il medaglione al collo emise un rumore gracchiante che doveva assomigliare a una risata.

«Ad ogni modo è così che io e NaveCasa scegliemmo Roma per stabilire l’avamposto.»


Emma nascose l’irritazione per aver per aver perso il controllo. Ma non sembrò piccata quando domandò soave:
«Poi s’è scoperto qual è la potenza di fuoco della sua nave madre? È vero che potrebbe trasformare in nova il nostro sole?»

L’alieno spalancò le palpebre e la fissò a lungo con i suo quattro occhi ambrati. Poi le palpebre diventarono nuovamente delle fessure come se la domanda inaspettata lo divertisse.

«Sì, ma è qualcosa che è successo solo una volta e più di tremila anni fa. Il Consorzio all’inizio era un’alleanza militare per sconfiggere un potente impero che voleva conquistare questo ramo della galassia. Era una specie molto aggressiva e potente, eliminava tutti gli emissari che il Consorzio mandava per cercare un accordo. Non c’era nessun tipo di dialogo. Quando spazzarono via un’intera civilizzazione per colonizzarne il sistema decidemmo di fermarli prima che fosse troppo tardi. Una delle nostre navi senzienti si sacrificò e morendo generò una deformazione del continuum nel cuore della loro stella principale. Il sole uscì dalla sequenza principale e si trasformò in nova. Tutti i pianeti furono spazzati via compresi quelli sacri che ospitavano i loro luoghi di riproduzione. Il resto del loro impero cadde in una generazione. Da allora tutte le specie del Consorzio vivono in pace e contribuiscono al bene comune. È soddisfatta? Gli inviati della Cina e degli Stati uniti rimasero un po’ turbati da questa notizia. Non abbiamo mai cercato di nascondere la nostra storia, ne siamo orgogliosi.»

«La ringrazio… Eccellenza  Mofarr-Koldano, è stata una chiacchierata molto piacevole. Prima di andare mi mostrerebbe il suo bellissimo giardino? Sono rimasta affascinata dagli alberi viola.»

In realtà era una scusa. Emma, seppure più sollevata, non vedeva l’ora che l’intervista finisse. Non voleva più cadere nella trappola delle emozioni. Aveva fatto l’ultima domanda per ripicca, in base a informazioni che non erano ancora di dominio pubblico. Quell’impulso avrebbe potuto svelare che gli esseri umani avevano trovato un modo per essere meno manipolabili grazie alla droga Kiu.

Dopo il giro in giardino – in realtà la fonte di molti suoi alimenti e condimenti – l’Ambasciatore riaccompagnò Emma al velivolo che l’attendeva sulla piattaforma. Prima di congedarsi l’alieno le consegnò una scatoletta verde.

«In cambio del suo ottimo dolce» disse.

Emma lo guardò interrogativa.

«È polvere della noce-grappolo dell’albero di Kiu. Per i suoi cappuccini. La usi con moderazione, non ce n’è molta sulla Terra. Viene da un’altra stella, sa?»

Emma per poco lasciò cadere la scatolina dalla sorpresa. Se quello che diceva l’alieno era vero, dentro  quella scatoletta c’era una fortuna.

Imbarazzata e senza parole salutò con un cenno della testa, si tolse le scarpe e si infilò nell’angusto abitacolo del quadricottero.

Emma guardò oltre il finestrino l’alieno salutarla con la mano mentre il velivolo si allontanava dalla piattaforma. Mise la scatolina verde con il suo inestimabile tesoro nel reggiseno: ci stava perfettamente.


Glunt-Mofarr-Koldano-Xerrat stava ancora guardando il velivolo terrestre allontanarsi quando entrò in connessione con NaveCasa. Lei era impaziente. L’immensa astronave – come tutti gli individui della sua specie evoluta nello spazio – era sempre molto curiosa riguardo ai rapporti tra gli esseri senzienti dei pianeti.

«Com’è andata?» buttò lì con finta indifferenza.

«Lo sai benissimo: come volevamo che andasse. Gli umani hanno sviluppato un antagonista biochimico alla polvere Kiu. Un po’rozzo ma efficace. L’ho percepito subito nel profumo di Emma. Per qualche tempo s’illuderanno di non essere vulnerabili, poi la molecola sub-viva dell’alcaloide Kiu cambierà forma e si adatterà. Mi fanno un po’ tenerezza a causa della loro diffidenza. Non hanno capito che prendo anch’io la droga Kiu prima delle contrattazioni. Serve solo a rendere meno diffidenti, a migliorare le percezioni e, incidentalmente, a esaltare i sapori. Quali sono i nuovi numeri?»

«Quando hai consegnato all’umana la polvere Kiu sono migliorati di colpo. Come avevamo previsto. Adesso ci vorranno nove virgola sette dei loro anni prima che la civiltà umana collassi per la loro disgraziata gestione del pianeta. Quando siamo arrivati qui erano solo cinque virgola due anni. Tra un anno virgola due l’investimento avrà coperto le spese della spedizione e inizierà a generare profitti.»

«Quanto manca alla fine del mio Periodo Amaranto?»

NaveCasa, che conosceva alla perfezione la biologia dell’Ambasciatore e il suo ciclo vitale, rispose senza esitazioni:

«Undici virgola sette anni solari.»

«C’è ancora da lavorare, non vorrei essere costretto a partire perché i terrestri hanno deciso di distruggersi a vicenda prima che il mio Periodo Amaranto sia concluso. Mi dispiacerebbe dover abbandonare queste vacanze romane.»

«L’animazione sospesa sarebbe pericolosa per te e letale per il figlio in gestazione, Non possiamo partire prima della conclusione del Periodo Amaranto e della sua nascita.»

«Lo so, però ho buone speranze riguardo a Emma. Quell’umana mi piace. Secondo me saprà usare con criterio la polvere Kiu. Farà molta strada nella società umana grazie alla più potente droga commerciale consensuale della galassia. Forse riuscirà a capovolgere le nostre previsioni e a salvare la sua specie dalla catastrofe.»

«Non ce la faranno, i numeri sono contro di loro e io mi sbaglio raramente con i numeri» rispose  NaveCasa.

«Anche tu sbagli a volte. Un tempo dicevi che non mi sopportavi. Andavi a dire in giro che ero un borioso e vanaglorioso Magrolino e invece ora avrò un figlio con metà DNA del tuo nucleo senziente. Alla fine del mio Periodo Amaranto.»

«Sei carino per essere un Magrolino» ridacchiò NaveCasa.

L’Ambasciatore attraversò la piattaforma e arrivò fino al bordo in modo da poter apprezzare la città umana illuminata dal sole. La vita brulicava laggiù, muovendosi nelle stesse strade che aveva usato per più di duemila anni. Si sentì malinconico, si era già trovato altre volte nella stessa situazione. È sempre uno spreco quando una specie svanisce senza lasciare traccia oltre alle rovine radioattive. D’altro canto, i prezzi delle merci sarebbero raddoppiati alla notizia della fine prematura della civiltà terrestre.

«Il profitto non è tutto» disse convinto l’Ambasciatore tra sé e sé. Poi, rivolto agli esseri ignari nelle strade sottostanti:

«Sorprendetemi…»

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Salvatore Mulliri

Grafico, designer e webmaster di questo sito, il suo riferimento è Karel Thole, leggendario disegnatore delle copertine di Urania. Scrive racconti per giustificare le bizzarre illustrazioni che realizza da sempre.

5 Comments

  1. Bello.
    E, aggiungo, scritto molto bene.

  2. riesce a catturare l’interesse dopo appena 15 righe, essenziale per un racconto breve. Complimenti Salvatore

  3. Grazie Goff 🙂

  4. Una bellissima scrittura. Ti invidio

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