Riflessi
Non sono io. Quello allo specchio non mi rappresenta; è il riflesso di qualcuno che non conosco. Mi guarda, terrorizzato quanto me da chi ha davanti.
In un certo senso ciò ci accomuna, come se fossimo soggiogati dallo stesso maligno incantesimo.
Io e il mio riflesso sconosciuto. Entrambi legati all’identico destino, bloccati dentro due mondi che si toccano solo qui, davanti allo specchio, un sottile diaframma che separa due universi contigui ma sottilmente differenti. A un tratto la rivelazione: lui sarà sempre dall’altra parte ad aspettarmi.
Quando mi ha regalato il coltello ho capito che potevamo essere amici.
Insieme
Scendemmo insieme. Eravamo io e Chang, sulla piattaforma che scendeva lungo la fusoliera del lander. davanti a noi il panorama desolato di Marte. Bisognava farlo insieme: sarebbe stato il primo passo dell’uomo su un altro pianeta. Yvonne, la pilota, aveva detto che preferiva dormire: la manovra di discesa era stata complicata ed era esausta. Noi, invece, eravamo pronti. La piattaforma toccò il terreno sollevando polvere rossa. Io e Chang ci tenemmo per mano e, insieme, posammo il piede sul suolo marziano. Un’ombra si mosse da dietro la zampa del lander. La voce di Yvonne mi arrivò nel casco: “Sto interrompendo qualcosa?”
Proboscide
Sto scrivendo durante una riunione. Ormai siamo sempre in riunione: manager, supervisori, sviluppatori. Lunghissime riunioni noiose dove parliamo di tutto e di nulla; persino dell’elefantino che non sa come usare la proboscide fino ai sei mesi. Tutto il lavoro di programmazione è affidato alle nostre IA, però ci è stato detto che loro stanno ad ascoltare per rifinire il software in sviluppo. Noi sempre in riunione mentre loro al lavoro. Sospetto che non ci ascoltino nemmeno. Però le loro app funzionano. Forse l’elefantino è cresciuto e la proboscide siamo noi. Forse non ci vogliono tra i piedi mentre lavorano.
