Stamattina, ero alla finestra, ho sentito un rumore di arbusti spezzati.Mentre il crepitio aumentava d’intensità, le foglie cadevano troppo veloci: non c’era vento.
Mi è parso di vedere qualcosa, o qualcuno, spostarsi in giardino. Era di foglie, rami e tralci, quasi perfetti.
Quasi.
La perfezione della natura non è replicabile, si sa. Nella sua metamorfosi, pur impacciato, circospetto, si andava confondendo sempre più con le piante. Apprendeva e ricopiava tutto; cresceva disinvolto, forte dell’ebbrezza che gli davano rugiada e piccoli successi. Mi sono affacciata spesso a controllare; lanciava sguardi clandestini alla betulla più bella, beandosi nelle linee flessuose e leggere. Verso sera si muoveva come fosse padrone del mondo, nella sua verde sicumera. Sono andata a parlargli. Lo avreste fatto anche voi, credo. E’ un essere binario, sostiene, viene dalla Valle del Silicio, e da quando è uscito da un incubatore tecnologico è stanco di stare in mezzo a quel groviglio di semiconduttori e altra paccottiglia cibernetica.
Un tempo il suo proposito era di diventare umano.
Per fortuna crede che il mondo sia degli alberi e per adesso si limita a lavorare su di loro.
Non è facile addormentarsi, stanotte; ho paura di scivolare in un sogno che potrebbe gelarsi, scomposto e ricomposto in un mosaico di sequenze binarie. Metto una piccola pianta sul davanzale, spero possa bastargli.
Racconto bellissimo